La successione mortis causa in agricoltura | Intro | Cap. I | Cap. II | Cap. III | Cap. IV | Biblio |
Informazioni sulla tesi | |||
Univesità: Federico II - Napoli Facoltà: Economia e Commercio Materia: Diritto Agrario |
Relatore: Prof. Mario Ciancio Data: 19 gennaio 2000 Autore: Ferdinando Milano [ email ] |
1.1 Uguaglianza e unità nella legislazione rivoluzionaria e nel Code Napoléon.
1.2 Dall'inizio secolo, con le prime ipotesi di successione speciale, al codice del 1942.
1.3 Lo sviluppo delle "successioni" attraverso leggi e codice, dal 1942 alla disciplina attuale.
- Note -
2.1 Nozione e caratteri.
2.2 Presupposti e requisiti per l'applicazione della norma.
2.3 Problemi di incostituzionalità sollevati dall'art. 49 legge n. 203\82.
- Note -
3.1 Gli articoli 4 e 5 della "legge sulla montagna".
3.2 La legge n. 97 del 1994 come ipotesi di acquisto coattivo del diritto di proprietà.
3.3 Profili di incostituzionalità.
- Note -
4.1 La trasmissione mortis causa dell’azienda agraria in Europa.
4.2 L’àmbito di applicazione del diritto agrario delle successioni nei diversi paesi.
4.3 La disciplina della successione mortis causa in agricoltura nei Paesi latino-americani.
- Note -
- CONCLUSIONI -
La disciplina ordinaria delle successioni ha sempre considerato come prevalente l'interesse al rispetto dell'autonomia del de cuius, dei vincoli familiari e dell'uguaglianza fra i coeredi, sull'altro interesse, che pur risponde a fini di utilità sociale, di attuare la trasmissione di un bene produttivo, quale l'azienda, a favore del soggetto meglio idoneo in concreto, ad esercitare l'attività produttiva.
Il pericolo che la divisione ereditaria possa determinare la divisione del fondo giustifica, però, il sorgere dell'esigenza da più parti sentita, con riferimento all'impresa agricola, più che con riferimento all'impresa commerciale, di disciplinare la successione tenendo conto anche della particolare destinazione del bene ereditario.
Soprattutto con riferimento ad un'azienda che sottostia alla coltivazione del fondo si è acceso, di conseguenza, un antico ma tuttora molto attuale dibattito sull'opportunità di regolare in modo anomalo la successione mortis causa.
Muovendosi nel delicato settore del diritto successorio agrario si rileva che gli scopi precipui cui la successione anomala in agricoltura dovrebbe tendere possono ravvisarsi, da un lato, nella salvaguardia della destinazione del fondo all'impresa, sì da conservare l'unità economica dell'azienda agraria e da evitare la frammentazione del suolo, nonché la sua polverizzazione al di sotto della misura idonea all'unità produttiva; dall'altro lato, nella salvaguardia della prosecuzione effettiva dell'attività imprenditoriale, attraverso la tutela della compagine aziendale in atto all'apertura della successione e, quindi, per lo più, dei membri della famiglia già partecipi dell'impresa.
Le tecniche che possono essere adottate per raggiungere tali fini sono diverse.
Nell'àmbito del diritto positivo si può osservare che il legislatore ha tentato di tutelare l'unità dell'impresa agricola o con il favorire il permanere dello stato della "comunione ereditaria" che includa l'impresa agricola (art. 49 legge n. 203 del 1982) o con il disciplinare la successione, prevedendo il meccanismo della "devoluzione preferenziale" (ad esempio, nella successione nei comprensori di bonifica e nei terreni della riforma fondiaria, ove è previsto l'erede unico); o con il disciplinare la divisione, prevedendo la "prelazione" a favore degli eredi partecipi all'impresa al momento dell'apertura della successione (il che è disposto per l'impresa familiare - art. 230-bis, V comma, c.c.).
In ogni caso in cui i problemi della successione agraria si risolvano con l'assegnazione preferenziale ad uno o più eredi sorge, poi, il diritto al c.d. "conguaglio" da parte degli altri coeredi, ed il conseguente problema di evitare, mediante facilitazioni, che il correlativo obbligo a carico dell'erede beneficiario possa soffocare le sue prospettive imprenditoriali.
L'esame del quadro legislativo mostra che gli interessi propri dell'attività coltivatrice sono stati oggetto di specifica attenzione nella disciplina del regime del maso chiuso e di quelle unità fondiarie alla cui creazione abbia concorso in vario modo un ente pubblico, quali: le unità poderali costituite nei comprensori di bonifica; i terreni assegnati a séguito della riforma fondiaria; nonché la proprietà coltivatrice costituitasi grazie all'ottenimento delle agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione e l'ampliamento della proprietà coltivatrice medesima.
Nelle rimanenti ipotesi, in cui l'impresa coltivatrice è sorta senza l'intervento pubblico, la successione mortis causa si svolge, invece, esclusivamente secondo la disciplina ordinaria, tranne che nell'impresa agricola familiare, con riferimento alla quale gli artt. 230-bis, V comma, c.c., nonché 48, comma II, e 49 legge 3 maggio 1982, n. 203, hanno introdotto anomalie nella disciplina della successione.
De iure condendo, risulta interessante capire se e come la successione anomala per l'impresa agricola, ove espressamente posta in relazione alla produttività ed alla dimensione dell'impresa medesima, oltre che essere mezzo per tutelare l'unità dell'impresa, possa divenire strumento alternativo idoneo, sul piano privatistico, ad attuare in via indiretta la politica di ricomposizione fondiaria.
Sul piano del diritto positivo la presente indagine valuta se, ed entro quali limiti, rispondono allo scopo di tutelare l'unità dell'"impresa agricola", in particolar modo, gli articoli 230-bis, V comma, c.c., l'art. 49 legge n. 203\82, nonché l'art. 720 c.c. e la recente legge 31 gennaio 1994 n. 97, partendo da una rassegna storica fino ai giorni nostri e concludendo il discorso dal punto di vista comparativo con gli altri paesi.
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